LOGICA DEL SISTEMA BRAILLE

 

 

Cominceremo questo capitolo richiamando l'importanza che assume per un bambino l'apprendere a leggere e a scrivere allorché le sue capacità fisiche e mentali hanno raggiunto un adeguato livello di maturazione.

Questo vale per tutti e quindi anche per i bambini che non vedono. La scrittura e la lettura favoriscono lo sviluppo di una serie di abilità e capacità che metteranno poi il bambino e l’adolescente in grado di orientarsi nella realtà che lo circonda, di cercare il proprio ruolo all’interno dell’ambiente sociale e di esprimere le proprie potenzialità cognitive, affettive e creative con mezzi adeguati.

 

La scrittura e la lettura non costituiscono l’unica fonte di cultura e neppure l’unica possibilità di entrare in comunicazione con gli altri: l’immagine, il gesto, l’azione sono altre ed importanti forme di comunicazione. La scrittura-lettura costituisce la forma più elaborata, quella che più richiede capacità di simbolizzazione e logico-immaginative.

Per questo i popoli con alto tasso di analfabetismo non riescono neppure ad affermare alcuni diritti da tutti riconosciuti; per questo individui analfabeti o con analfabetismo di ritorno incontrano difficoltà, talvolta insormontabili, nell'adattarsi alle esigenze sempre nuove di una società, come la nostra, in continua e rapida evoluzione.

Se abbiamo voluto soffermarci su concetti armai largamente scontati, l'abbiamo fatto perché capita molto spesso di assistere a ingiustificati ritardi nell’introduzione del sistema di lettura-scrittura Braille nel curriculum scolastica dei bambini che non vedono, oppure capita di osservare come il bambino che non vede, certo a causa di un sistema di scrittura-lettura non congeniale alla vista e quindi di difficile uso per i vedenti, sia deprivato di occasioni per scrivere e per leggere; così si preferisce, ad esempio, usare il registratore fin dalle prime classi elementari, oppure si danno le consegne scritte in caratteri normali, pregando magari il genitore di aiutare il bambino a fare i compiti, oppure ancora ci si accontenta di esposizioni orali quando agli altri si chiede un elaborato scritto, o si lascia che il bambino non vedente detti semplicemente al compagno di banco il suo testo, rinunciando per forza di cose alla verifica dell’ortografia, dell’uso delle punteggiature e creando una mediazione superflua tra l’alunno ed il pensiero scritto.

 

Le difficoltà di utilizzare su vasta scala il sistema Braille dipendono da alcuni fattori:

 

·       il sistema Braille male si presta a stabilire una comunicazione scorrevole ed efficace tra non vedente e vedente, tra il bambino e i suoi compagni, tra il bambino ed l’insegnante di classe;

 

·       il sistema Braille non consente di avere la stessa quantità di testi che hanno gli altri;

 

·       il sistema Braille non consente di disporre di materiale librario con la medesima tempestività;

 

·       l’organizzazione della Scuola spesso non garantisce una continuità di rapporto interpersonale tra insegnante e bambino, cosicché il rapido avvicendarsi di adulti, talvolta inesperti del sistema, impedisce al bambino di esercitarsi sufficientemente.

 

Va da sé che uno dei cardini dell’insegnamento è costituito dalla buona conoscenza del sistema di lettura-scrittura Braille e dei relativi sussidi didattici da parte degli adulti che entrano in rapporto con l'alunno che non vede. E’ anche il più idoneo a garantire la possibilità di accesso autonomo alla cultura scritta, quindi l’opportunità di fruire dei prodotti del pensiero e dell’arte nelle varie epoche storiche, è l’unico mezzo che può fornire la possibilità di un’espressione permanente al pensiero della persona che non vede, che gli consente perciò di produrre cultura, di esprimere i valori di cui è portatore.

 

Abbiamo visto che questo sistema è il frutto di un lungo cammino di tentativi e di errori, ognuno dei quali ha contribuito all’elaborazione di questo strumento ormai perfezionato. Esso può essere considerato un codice che, a differenza dei codici più usati (alfabeto Morse, codice delle bandiere in Marina ecc.), non si rivolge all’occhio o all’orecchio, ma al tatto, del quale tiene conto delle sue limitazioni e delle sue potenzialità, dell’anatomia del polpastrello, l’organo lettore.

Si basa sulla linea punteggiata in altorilievo, sull’essenzialità e la semplicità delle forme, sulla capacità di compiere una serie di operazioni mentali da parte di chi legge, affidando quindi alla mente il compito di risolvere problemi interpretativi.

 

Il sistema Braille perciò, è congegnato per utilizzare al meglio il tatto e le altre capacità logico-immaginative del non vedente, consente una velocità di scrittura e di lettura soddisfacente; richiede pazienza e fiducia da parte di chi vede, ma crediamo che i risultati di molti non vedenti che hanno trovato il loro posto nel mondo grazie alla sensibilità dei loro educatori vedenti bastino a giustificare lo sforzo di chi si accinge ad apprenderlo.

 

Esaminiamo più da vicino quali sono gli elementi del codice Braille. Il puntino in altorilievo e lo spazio non punteggiato, ossia la distanza tra un puntino e l'altro.

Infine la disposizione dei puntini l’uno rispetto all’altro, e più in generale, la loro collocazione nel rettangolino «virtuale», rettangolino che costituisce il sistema di riferimento per l’interpretazione del segno Braille.

Il puntino in altorilievo ha forma e dimensioni particolari, in funzione delle possibilità percettive del polpastrello, è di forma semisferica, ha un’altezza di circa mezzo millimetro ed un diametro (alla base) di circa un millimetro.

 

 

 

 

 

 

 

Lo spazio vuoto, tra due puntini che fanno parte di uno stesso segno, è di circa due millimetri e mezzo (si intende la distanza presa alla sommità). Tra due puntini di lettere diverse, la distanza è circa tre millimetri e mezzo.

I puntini del sistema Braille sono collocati in un rettangolo ideale, disposto con il lato più corto parallelamente a chi legge e con il lato più lungo verticalmente.

Ovviamente vi sono segni che utilizzano un solo puntino, altri che ne utilizzano due, e così via fino a sei. Il numero dei puntini utilizzati, ma soprattutto la forma che viene prodotta e la posizione che ognuno di essi occupa all'interno del rettangolino, sono gli elementi che determinano il significato del segno Braille. Per descrivere un segno quindi occorrerà indicare la posizione di ciascun puntino che lo compone: in alto a sinistra, in mezzo a sinistra, in basso a sinistra, in alto a destra, in mezzo a destra, in basso a destra. Per rendere più spedita questa descrizione, si ricorre ad una convenzione, assegnando un numero d'ordine ad ogni posizione, considerando i segni come appaiono sul foglio, ossia come si leggono.

Si dice che il punto n. 1 si trova in alto a sinistra, il punto n. 2 in mezzo a sinistra, il punto n. 3 in basso a sinistra, il n. 4 in alto a destra, il n. 5 in mezzo a destra, il n. 6 in basso a destra.

 

 

 

 

 

 

Ci sembra opportuno in questo contesto attirare l'attenzione del lettore su un’espressione molto in uso presso i non vedenti e gli addetti ai lavori: “in nero”, per indicare testi in scrittura normale, per i vedenti. Si dice quindi “testo in nero”, “scrittura in nero”, “libro in nero”, ecc., in contrapposizione a testo in Braille, scrittura in Braille, libro in Braille. Spesso invece si sente dire “testo in italiano”, per significare che si tratta di materiale scritto ad uso dei vedenti; l'espressione “in italiano” è ambigua e fa risaltare inopportunamente la diversità delle due scritture, quindi viene percepita con disagio dai non vedenti.

Combinando in tutti i possibili modi i sei puntini si possono ottenere 64 configurazioni, che appunto sono i 64 segni del sistema Braille.

 

Come già detto, Louis Braille si pose in primo luogo il problema di dare la possibilità ai ciechi di leggere e scrivere, congegnò un codice per simbolizzare prima di tutto le lettere dell’alfabeto franœse, le punteggiature, e quanto altro poteva servire per quei tempi. Ben presto però il sistema venne utilizzato per trascodificare alfabeti di altre lingue, tedesco, inglese, italiano, ed in seguito alfabeti diversi da quello latino: greco, cirillico, arabo, infine sistemi idiografici, come quello cinese. Non solo, ma fin dagli albori, il Braille fu utilizzato anche per rappresentare i numeri e le formule aritmetiche più semplici, poi le note musicali e tutti gli altri segni che entrano in una partitura. Oggigiorno il sistema trova le più svariate applicazioni: si usa per tutte le lingue antiche e moderne, esistono spartiti musicali trasposti in Braille, da quelli più semplici a quelli per orchestra, vi sono testi di matematica superiore, ed i non vedenti lo usano anche per risolvere piccoli problemi di vita quotidiana, come etichettare alimenti, medicinali, contrassegnare carte da gioco, trascrivere modelli di cucito. L’insegnante potrà utilizzarlo per costruire sul campo semplici sussidi didattici per le varie discipline.

Si è posto fin dall’inizio il problema di come rappresentare questa gamma così vasta di significati avendo a disposizione solo 64 segni. Per risolvere questo problema sono stati introdotti alcuni criteri interpretativi, che appunto ci indicano le regole da seguire nel decifrare il segno:

 

1.   Tenere conto non soltanto del segno in sé e per sé, ma anche del suo «contenitore», ovvero della situazione in cui esso compare. Un esempio: se vediamo una bandiera rossa a pochi metri dalla riva, comprendiamo che per quel giorno è sconsigliata la balneazione. La stessa bandiera per strada, ci segnala un cantiere, lavori in corso. Quello che è cambiato non è il segno, la bandiera, ma la situazione, ovvero il «contenitore». ln Braille, se abbiamo un libro intitolato Le 32 Sonate di L. Van Beethoven, comprendiamo che i segni contenuti in quel libro, salvo indicazione contraria, vanno interpretati come segni musicali.

 

2.   Prendere in considerazione la posizione che un segno occupa rispetto a quello che lo precede e a quello che lo segue. La «notazione posizionale» è utilizzata anche comunemente; ad esempio con le cifre 1 e 3 si può comporre il numero 13 o il numero 31. Abbiamo utilizzato le stesse due cifre, ma abbiamo espresso due quantità diverse. In Braille capita assai spesso di dover prendere in considerazione la posizione in cui compare un segno, rispetto al precedente o al seguente. Un esempio: la parentesi aperta e la parentesi chiusa, in Braille hanno la stessa identica forma, ma si riconoscono per il fatto che la prima precede una parola, mentre la seconda si incontra sempre alla fine di una parola.

 

3.   La «chiave di lettura». - Chi conosce la notazione musicale sa che una figura sul pentagramma indica una determinata nota sullo strumento o per la voce che deve cantare, in relazione alla «chiave», chiave di violino, di basso, ecc.; la chiave, normalmente riportata alla sinistra del pentagramma, è una «chiave di lettura», indica cioè il campo di significati da assegnare alle figure di quel pentagramma. ln Braille, molto spesso, si usano dei «segni riservati», i quali non hanno alcun corrispondente nella scrittura normale, ma hanno solo la funzione di delimitare il campo dei significati da assegnare ai segni che seguono. Qualche esempio: le lettere maiuscole non hanno un segno corrispondente in Braille. ogni lettera maiuscola viene trascritta in Braille con due segni, il primo è il segno di lettera maiuscola, una «chiave di lettura», che dice che il segno che segue deve essere interpretato come lettera maiuscola; il secondo è la lettera che si vuole scrivere.

 

Per i numeri si usa un criterio analogo a quello usato dagli antichi Greci. Questi non conoscevano i segni delle nostre cifre arabe, utilizzavano le prime dieci lettere del loro alfabeto: alfa, beta gamma, ecc. Anche nel sistema Braille le prime dieci lettere dell’alfabeto francese valgono anche come cifre: 1=a, 2=b, 0=j. Ad evitare equivoci però è necessario premettere alla prima cifra il cosiddetto «segnanumero», un segno «riservato», che fa cambiale il significato ai segni che vengono dopo di esso, trasformandoli, da lettere, in numeri.

 

 

LA LOGICA E L'IMPIANTO DEL SISTEMA. - Il sistema Braille, come abbiamo visto, è stato inventato a tavolino; nel senso che le lettere non hanno una storia. La nostra A ad esempio deriva dalla parola araba "alef" che significa "bue"; la forma della A in qualche modo può ricordare le corna dell’animale. Così la S può richiamare alla mente il suono strisciante, la 0 la posizione delle labbra per produrre il suono corrispondente, ecc.

ln Braille non si poteva tener conto di tutto ciò, e poi l'essenziale era creare un modo efficiente e non soggetto ad equivoci per. rappresentare l'alfabeto dei vedenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Punteruolo e tavoletta

 

 

 

 

 

 

PRINCIPALI SEGNI BRAILLE IN LETTURA

 

N.B. – I segni qui rappresentati sono in lettura, cioè come risultano una volta punzonati. Si leggono da sinistra verso destra, come nella lettura del nero.

 

In scrittura sono opposti, ruotati di 180°. Si scrivono con un andamento da destra verso sinistra.

 

 

 

 

  

 

 

 

Antonio Azzalin ringrazia vivamente per l’autorizzazione gli autori di “Il Braille un altro modo di leggere e di scrivere” di A. Quatraro ed E. Ventura, Bulzoni editore 1990, da cui è stata riportata parte del testo.

 

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